Beit Jala, Domenica 9 Dicembre 2018 - Nei primi due mesi seguite oltre 300 donne grazie a un progetto voluto dalla Ong Elis e l’Agenzia per la Cooperazione allo sviluppo con la collaborazione dell’Università Campus Bio-Medico di Roma. In un anno si potranno curare il 40 per cento di tutti i casi di tumore al seno direttamente in patria senza dover andare all’estero per curarsi
“Da oggi anche in Palestina è possibile effettuare tutti gli esami diagnostici, dalla ecografia alla mammografia, alla biopsia, per lo screening del tumore al seno e ottenere i risultati entro una settimana e in caso di diagnosi di neoplasia intervenire subito”. Le parole di Nafez Sarhan, direttore della prima Breast Unit palestinese presentata domenica 9 dicembre a Beit Jala (Betlemme) sintetizzano bene l’enorme passo in avanti fatto dalla sanità palestinese che si allinea ai più alti standard europei grazie a un importante progetto di cooperazione internazionale.
Le donne palestinesi che sospettano un tumore alla mammella o vogliano prevenirlo non dovranno più aspettare mesi e recarsi all’estero per curarsi (per lo più in Giordania e Israele o addirittura in Europa, con trasferte che potevano durare anche mesi e avere notevoli costi): ora possono farlo presso il primo e unico centro senologico multidisciplinare del proprio Paese nell’ospedale di Beit Jala grazie alla collaborazione tra l’Ufficio di Gerusalemme dell’AICS - Agenzia Italiana della cooperazione allo sviluppo, Elis Ong che ha elaborato il progetto e Università Campus Bio-Medico di Roma che ha fornito i suoi medici e l’esperienza della Breast Unit attiva presso il suo policlinico universitario. Insieme al ministero della Sanità del governo palestinese hanno disegnato gli ambienti, organizzato le attività secondo i protocolli più attuali e formato i professionisti locali con training in loco e a Roma presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, portando la senologia palestinese al livello delle Breast Unit europee, previste dall’Unione Europea sin dal 2003.
“Abbiamo aderito molto volentieri a questo progetto – ha dichiarato Davide Lottieri, vicepresidente dell’Università Campus Bio-Medico di Roma - perché si inserisce perfettamente nelle linee strategiche dell'Università. Da tanti anni stiamo costruendo legami con altri Paesi e con strutture universitarie in tutto il mondo per arricchire i nostri studenti e cooperare insieme agli altri. In questo senso il prossimo anno inaugureremo un corso di laurea in medicina e chirurgia in inglese, con un titolo riconosciuto a livello internazionale, e ospiteremo a Roma studenti da tutto il mondo”.
“Siamo felici di aver contribuito, attraverso la creazione della Breast Unit, ad un progresso concreto nella sanità palestinese che da tempo sta puntando alla lotta al tumore al seno – ha ricordato il Vicepresidente di dell'Associazione Centro ELIS Daniele Maturo.
La Ong ELIS ha come impegno la riduzione della sofferenza in varie popolazioni, con interventi calibrati sulle specifiche esigenze di ciascun Paese. Oltre alla Palestina, ELIS è oggi presente in Costa d'Avorio, Nigeria e Tunisia con progetti di promozione sociale, formazione al lavoro e lotta alla migrazione irregolare, con particolare attenzione alle donne ed ai minori non accompagnati. La Ong ELIS è anche attiva in Vietnam, dove sta lavorando per la promozione, con le scuole locali, di un modello di alternanza scuola-lavoro al fine di favorire nel Paese l'occupazione giovanile".
"La Cooperazione allo sviluppo – ha dichiarato Fabio Sokolowicz Console Generale della Repubblica Italiana - rappresenta storicamente uno dei principali strumenti di cooperazione tra Italia e Palestina, in particolare nel settore della salute, dove investiamo impegno economico e professionale, e che ci vede leader nel quadro della programmazione congiunta con gli altri Stati Membri dell'Unione Europea."
"Attualmente – ha spiegato Cristina Natoli, direttore della Sede AICS di Gerusalemme - finanziamo progetti di cooperazione nel settore della salute per oltre 35 milioni di euro. Stiamo costruendo due ospedali nel Governatorato di Hebron attraverso una linea di credito di aiuto di 10 milioni di euro, partecipiamo dal 2008 al Programma Multidonatore PEGASE per il supporto agli ospedali palestinesi di Gerusalemme Est e abbiamo negli ultimi 5 anni realizzato tre programmi per un totale di 20 milioni di euro volti alla prevenzione delle malattie croniche non-trasmissibili e al miglioramento dei servizi sanitari di base."
“La Breast Unit è l’emblema della condivisione delle esperienze tra medici, specialisti e tecnici di radiologia di due popoli: italiano e palestinese – ha detto Jawad Awwad, ministro della Salute della Palestina - Questo ha permesso di introdurre, per la prima volta in Palestina nuove metodiche che hanno portato risultati eccezionali, dimostrando l’importanza della comunicazione e della condivisione al di là delle differenze culturali. Qui in Palestina non può che renderci onore poter fornire alla popolazione un servizio paragonabile agli standard italiani ed europei”.
Il reparto dell’ospedale di Beit Jala, recentemente ristrutturato e adattato, può contare su un Ecografo, un Mammografo con Tomosintesi e sistemi informatici. Nei suoi primi mesi di attività ha visto lo svolgimento di corsi di formazione in Italia e in Palestina per il personale medico, paramedico, tecnico ed amministrativo palestinese; sono state effettuate ricerche congiunte sulla patologia; e attività di sensibilizzazione sulla malattia.
Il progetto punta a seguire almeno 150 pazienti l’anno in tutte le fasi del percorso diagnostico-terapeutico (diagnosi, trattamenti e controlli programmati successivi) pari a circa il 40 per cento di tutti i casi di tumore al seno (387 nel 2014, secondo il ministero della Sanità palestinese). I numeri della Breast Unit palestinese sono in costante crescita: solo nei primi due mesi di attività la Breast Unit di Beit Jala ha aiutato più di 300 donne di tutta la Palestina a verificare precocemente la presenza di un tumore e a intervenire tempestivamente, facendo al tempo stesso risparmiare alla sanità palestinese l’equivalente di oltre duecento mila dollari per le sole indagini diagnostiche. Di esse circa 26 hanno scoperto di avere un cancro al seno in fase precoce.
Sul fronte della prevenzione 130 di esse hanno effettuato più di un esame e circa 30 hanno potuto, per la prima volta in assoluto in Palestina, effettuare l’esame stereotassico delle microcalcificazioni, che nella maggior parte dei casi portano a un tumore. Prima dell’apertura della Breast Unit le donne palestinesi che volevano effettuare screening oncologici dovevano aspettare tra 4 e 6 mesi, un lasso di tempo in cui le condizioni di salute possono aggravarsi seriamente. In Cisgiordania il cancro è causa diretta di circa il 13,7% dei decessi totali e il tumore al seno è la neoplasia più frequente, con una percentuale di casi pari al 16,9% del totale: per questo la prevenzione è la sola arma per combatterlo efficacemente e salvare vite umane.
“Nei mesi scorsi ci siamo impegnati per trasferire l’esperienza della Breast Unit del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico a medici e infermieri palestinesi – ha ricordato Vittorio Altomare, responsabile della Breast Unit romana e direttore scientifico del progetto – Il nostro è stato un percorso scientifico e umano molto ricco, che ha permesso di colmare un vuoto molto importante nella sanità palestinese, un ritardo che riguarda anche alcune regioni italiane che non hanno ancora individuato le loro Breast Unit. I medici e gli infermieri palestinesi hanno accolto con entusiasmo l’impostazione multidisciplinare delle Breast Unit europee. Noi continueremo a essergli vicini per accrescere questo patrimonio e portare il loro tasso di guarigione ai livelli delle donne europee. Nei prossimi mesi infatti apriremo un reparto di ricovero dedicato alle donne, daremo il via all’utilizzo della tecnica a ultrasuoni intraoperatoria per la chirurgia oncoplastica, acquisiremo una nuova tecnica per l’individuazione del linfonodo sentinella. Insieme daremo vita a uno studio scientifico e infine, nel marzo 2019, terremo il secondo convegno congiunto italo-palestinese presso la sede dell’Università Campus Bio-Medico di Roma”.
E l’avvio della Breast Unit a Beit Jala è anche una grande esperienza di umanità, in una comunità in cui sta crescendo la consapevolezza del valore della prevenzione: “La Breast Unit ha portato un grande cambiamento nel nostro paese – ha spiegato Nida Khalil, tecnica di radiologia e operatrice della Breast Unit di Beit Jala – appena una donna sospetta un problema al seno noi oggi possiamo effettuare una biopsia, conoscere lo stadio della malattia e come curarla. Sono andata personalmente nei mercati e per le strade e ho invitato le donne a utilizzare il nostro centro per fare prevenzione e curarsi”. Tra le donne che sono già passate attraverso le cure dei medici della Breast Unit di Beit Jala sono grandi l’entusiasmo e la riconoscenza per un percorso diagnostico e di cura rapido e impensabile fino a pochi mesi fa.